Case in legno, ecco i 10 miti da sfatare

Sempre più richiesto per le sue caratteristiche intrinseche, il legno è in grado di rendere gli edifici sostenibili e durevoli. Ma le case in legno sono più o meno resistenti di quelle in cemento? Consumano più o meno di quelle tradizionali? A fare chiarezza sulle molte leggende che ancora ruotano attorno a questo materiale ci pensano gli esperti di Conlegno, Consorzio per la tutela del legno e del sughero.

Nonostante la sua diffusione sia in aumento, sono ancora molte le leggende che circolano sulle case in legno, e che Conlegno, Consorzio Servizi Legno Sughero, si impegna a sfatare per promuovere l’utilizzo di questo materiale sostenibile e vantaggioso. Inoltre, le certificazioni e i sistemi di monitoraggio costantemente sviluppati e migliorati dal Consorzio, contribuiscono a trasformare affermazioni vere in passato in pregiudizi superati.

Case in legno, i miti da sfatare
1) Il legno crolla più facilmente rispetto ad acciaio e cemento. Al contrario, le connessioni realizzate per unire gli elementi in legno sono capaci di disperdere l’energia generata dal sisma. I rapporti massa/resistenza sono più vantaggiosi rispetto a quelli delle costruzioni in calcestruzzo o muratura e, dal momento che le sollecitazioni in caso di terremoto sono proporzionali alla massa della costruzione stessa, risultano di molto inferiori.

2) Le case in legno sono tutte simili, lasciano meno spazio alla progettazione. Nulla di più falso perché il legno permette di combinare essenze diverse e giocare con trattamenti e finiture oltre che di realizzare edifici con forme differenti. Una versatilità che accresce la qualità abitativa e che, insieme ad altre qualità di questo materiale, contribuisce a rendere le case in legno più confortevoli e accoglienti.

3) Le case in legno consumano più energia rispetto a quelle tradizionali. Falso, questo tipo di edificio può essere completamente realizzato secondo i canoni della bioedilizia scegliendo gli opportuni materiali e assicurando i massimi livelli di efficienza energetica. Ad oggi, sono ancora troppe le case energicamente inefficienti. Tanto che, secondo una ricerca dell’International Energy Agency, l’energia consumata all’interno degli edifici è superiore a quella utilizzata dall’industria e dai trasporti. Costruire edifici in legno rappresenta una scelta responsabile in grado di ridurre del 40% le emissioni inquinanti.

Altri miti da sfatare
4) Le case in legno contribuiscono al disboscamento. Preferire il legno significa fare una scelta cosciente e responsabile che avrà implicazioni positive a livello locale e globale. Oggi, i sistemi di certificazioni permettono di sapere se il materiale proviene da foreste gestite in maniera sostenibile e legale, nel rispetto delle norme vigenti e senza danni all’ambiente. Inoltre, se il prodotto è locale, permette di promuovere e valorizzare il proprio territorio e la sua economia.

5) Le case in legno costano di più rispetto a quelle tradizionali. In realtà sono ben più vantaggiose. Una casa in legno è più economica rispetto a quelle costruite con altre tecnologie poiché i tempi di costruzione sono inferiori, con conseguente riduzione dei costi di cantiere. Ad esempio, la Cross Lam Tower, la torre in legno in costruzione a Jesolo, crescerà di un piano in soli tre giorni lavorativi secondo il progetto.

6) Le case in legno hanno durata più breve rispetto a quelle tradizionali. Gli edifici in legno possono avere una vita centenaria. Lo dimostra l’antico edificio del Governo neozelandese, completato nel 1876 e attualmente sede della Victoria University of Wellington, realizzato interamente in legno kauri. La durabilità degli edifici in legno è strettamente legata alla qualità costruttiva, all’impiego di accorgimenti tecnici adeguati e all’utilizzo di materiali idonei.

7) Le case in legno prendono fuoco più facilmente. Probabilmente è questo il luogo comune più diffuso sulle case in legno. Il fatto che il legno sia un materiale combustibile non lo rende meno resistente agli incendi. Ciò si deve al fatto che questo materiale ha un comportamento al fuoco prevedibile. Il legno carbonizza alla velocità di circa 0,7-1 mm al minuto. Ma, mentre la superficie viene intaccata, la parte interna conserva le proprie caratteristiche meccaniche inalterate.

E ancora…
8) Le case in legno sono adatte solo a zone di montagna. Si è abituati a pensare alle case in legno come edifici che sorgono soprattutto in montagna. Tuttavia, possono integrarsi in qualsiasi contesto dal momento che, se richiesto, la struttura di legno può essere completamente nascosta alla vista. Prevedendo una finitura di facciata con un isolamento a cappotto intonacato. Così facendo l’edificio sarà in linea con quelli circostanti.

9) Non è possibile richiedere un mutuo su una casa in legno. Questa affermazione era vera fino a qualche tempo fa. Ma oggi esistono è possibile contare su prodotti specifici per le case di legno. Esistono, inoltre, schemi di certificazione privata come S.A.L.E., il Sistema Affidabilità Legno Edilizia messo a punto da Assolegno e Conlegno per individuare costruttori di case di legno di qualità e favorire l’accesso al mutuo e ai prodotti assicurativi destinati alle case costruite in bioedilizia.

10) Le case in legno non necessitano di terreni edificabili. Falso, dal punto di vista dell’iter progettuale seguono le stesse norme delle case in muratura e i medesimi regolamenti in tema di autorizzazioni e permessi costruttivi.

https://www.stile.it/2019/05/19/case-legno-ecco-10-miti-da-sfatare-id-215517/

Efficienza energetica…

A idealista/news il presidente dell’Enea ha spiegato perché sul fronte dell’efficienza energetica giocano un ruolo importante l’attenzione posta ai condomini e la possibilità di cedere il credito d’imposta.

Nel 2018 sono stati registrati importanti segnali di miglioramento relativi alla qualità energetica degli edifici oggetto di compravendita. In questo quadro, un ruolo importante viene giocato dall’attenzione posta ai condomini e dalla possibilità di cedere il credito d’imposta relativo agli interventi di riqualificazione energetica.

In occasione della presentazione del report immobiliare urbano Fiaip, realizzato in collaborazione con Enea e I-Com, il presidente dell’Enea, Federico Testa, ha parlato a idealista/news di un modello di business che sta funzionando e ha spiegato il perché.

I segnali sul fronte dell’efficienza energetica stanno migliorando. In Italia, seppur con fatica, si sta cominciando a intraprendere questa strada?

“Sì. Secondo me, sì. In questo momento, mi pare di cogliere dal mercato un’attenzione assolutamente maggiore. Diciamo che si sta muovendo anche un modello che è quello per cui le utilities si presentano dai soggetti interessati, i condomini, e offrono soluzioni del tipo ‘io finanzio l’intervento, tu mi cedi gli incentivi e la differenza tra il costo dell’intervento e la cessione degli incentivi me la dai nei prossimi anni con la riduzione dei consumi’. Questo consente di non andare dalle persone anziane a dire ‘devi privarti dei risparmi per fare questa cosa’. E’ un modello di business che sta funzionando”.

Ha parlato di attenzione al condominio, di cedibilità degli incentivi fiscali. Altri interventi che potrebbero favorire questo percorso?

“C’è tutto un lavoro da fare per esempio nelle pubbliche amministrazioni. Perché le pubbliche amministrazioni purtroppo pagano i loro conti con i soldi dei cittadini, ma spesso non hanno proprio gli strumenti legislativi per riuscire a intervenire. Noi abbiamo visto che i soldi risparmiati dalla pubblica amministrazione poi vanno in servizi per i cittadini. Ad esempio, vengono migliorate le mense e così via dicendo. Adesso stiamo ragionando anche su tutto il terzo settore, cioè su tutti quei soggetti che sostanzialmente lavorano per la pubblica amministrazione pur non essendo pubblica amministrazione. E’ il caso ad esempio delle case famiglia che hanno dei contratti con l’ente pubblico e che svolgono un ruolo a favore della collettività. Perché non possiamo far utilizzare strumenti di questo genere in modo tale che, se riducono i consumi, magari ospitano un ragazzo in più?”.

Si ricorda che con il provvedimento 100372/2019, l’Agenzia delle Entrate ha reso note le istruzioni per la cessione del credito relativa all’ecobonus 2019.

Ma vediamo quali sono i dati relativi al 2018 per quanto riguarda la qualità energetica degli edifici oggetto di compravendita. In base a quanto emerso dal report immobiliare urbano Fiaip, realizzato in collaborazione con Enea e I-Com, gli immobili in classe G hanno un importante peso, ma se nel 2017 la percentuale di immobili ricadenti nella classe energetica più scadente variava dal 54% delle villette al 67% delle ville unifamiliari, nel 2018 lo stesso dato varia tra il 37% e il 46%. Nel 2018, rispetto all’anno precedente, è diminuita la percentuale di immobili compravenduti appartenenti alle ultime quattro classi energetiche (D-G). Tale valore, per il 2018, è pari a circa l’80%, a fronte di un valore superiore al 90% per il 2017.

Rispetto al 2017, nel 2018 è cresciuto ulteriormente il dato degli immobili di pregio compravenduti e ricadenti nelle prime tre classi energetiche (A+, A, B), che passa dal 22% al 28%. Anche la distribuzione per classe energetica rispetto all’ubicazione dell’immobile presenta dinamiche interessanti: tale percentuale migliora per tutti i segmenti analizzati, ad eccezione degli immobili ubicati nelle zone centrali.

Per quanto riguarda la distribuzione percentuale delle classi energetiche degli edifici oggetto di transazione immobiliare nel 2018 in funzione dello stato di conservazione dell’immobile, è emerso che la percentuale di elevata qualità energetica (A+, A, B) rappresenta il 77% degli immobili di nuova costruzione venduti nel 2018, continuando il trend di crescita evidenziato negli anni precedenti e interrotto solo dal dato del 2017.

Il dato positivo sugli edifici di nuova costruzione si inquadra bene nella necessità di dover rispettare gli elevati standard imposti per legge alle nuove costruzioni e nel fatto che il notevole stock di invenduto del segmento delle nuove abitazioni – che comprende quindi edifici costruiti tempo addietro, ma che non sono mai stati oggetto di compravendita – si sta via via esaurendo.

Relativamente stabile, invece, la situazione per gli immobili in buone condizioni e da ristrutturare, per cui la percentuale di edifici nelle prime tre classi energetiche rappresenta rispettivamente l’11% e il 5% del totale. Positivi anche i segnali che vengono dal segmento degli edifici ristrutturati per i quali si è passati dal 10% del 2017 al 22% del 2018 nelle percentuali di edifici appartenenti alle classi energetiche più performanti (A+, A, B).

Bonus casa 2019: incentivi per accedere al mutuo di ristrutturazione „Mutuo ristrutturazione 2019: come richiederlo e quali sono le detrazioni“

Bonus casa 2019: incentivi per accedere al mutuo di ristrutturazione
„Se per ristrutturare la prima casa nel 2019 volete chiedere un mutuo, vi consigliamo quale procedura seguire e vi indichiamo le detrazioni.“

Bonus casa 2019: incentivi per accedere al mutuo di ristrutturazione

istrutturare casa è un processo fisiologico necessario per il miglioramento della qualità della propria vita. Gli immobili in cui viviamo infatti, al pari di organismi veri e propri, sono soggetti nel tempo al deterioramento dei propri componenti costruttivi e al superamento, in termini di sicurezza e comfort, dei sistemi impiantistici di cui sono dotati.

Approfittate poi del restyling per eseguire veri e propri cambiamenti stilistici ed estetici che accompagnano il nostro tempo, come uno stile shabby chic o vintage, una casa ecosostenibile o, se amate la tecnologia, affidatevi agli esperti della casa domotica.

Cos’è il mutuo per ristrutturazione
Il mutuo per ristrutturazione è un finanziamento che serve a sostenere le spese per gli interventi di manutenzione e riqualificazione energetica. Il mutuo ristrutturazione può essere erogato con finalità di manutenzione ordinaria, per piccoli interventi oppure con finalità di manutenzione straordinaria, per interventi più organici su ampie porzioni dell’edificio.

Il mutuo può durare dai 5 ai 30 anni, e le modalità di erogazione sono le stesse che per un mutuo acquisto casa, anche se il suo ottenimento è relativamente più semplice, dato che si tratta di cifre senz’altro inferiori. Come per ogni tipo di mutuo, anche questo può essere a tasso fisso, variabile o misto, con loan to value massimo dell’80%.

In alternativa al mutuo si può richiedere un prestito non finalizzato, ma in tal caso i tassi saranno meno competitivi.

Quali documenti servono per un mutuo ristrutturazione
La documentazione necessaria per ottenere un mutuo ristrutturazione varia a seconda del tipo di intervento. Per quanto riguarda la manutenzione ordinaria occorre presentare alla banca il preventivo delle spese redatto dall’azienda che effettua i lavori. Per la manutenzione straordinaria occorre presentare anche il progetto, l’autorizzazione edilizia e la Denuncia di inizio attività (Dia), oltre all’istruttoria per il mutuo.

Detrazioni 2019 per il mutuo ristrutturazione prima casa
I bonus per la ristrutturazione della prima casa sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2019. Fino a quel termine, quindi, si potrà detrarre il 50% delle spese di ristrutturazione edilizia per un tetto massimo di 96 mila euro. Si possono portare in detrazione interventi su edifici privati legati a restauro e risanamento delle parti comuni, per interventi di rimozione delle barriere architettoniche, per ricostruzione dopo eventi calamitosi, per migliorare sicurezza e risparmio energetico. Così come per interventi di riduzione rischio sismico (sisma bonus variabile tra il 50 e l’85%) e di rifacimento aree verdi (bonus verde, 36%)

Genova: visioni miopi sotto il ponte

Considerazioni a margine del bando di concorso internazionale di progettazione per il masterplan di rigenerazione del quadrante Valpolcevera e lo studio di fattibilità del nuovo parco urbano

GENOVA. La Valpolcevera per decenni ha subito quello che il resto della città non poteva, in alcuni casi, ospitare a causa della mancanza di spazio, l’insediamento della raffineria dei Garrone, le infrastrutture autostradali e ferroviarie nell’unica valle aperta del Genovesato. Tra queste infrastrutture nel dopoguerra viene realizzato il viadotto capolavoro dell’ingegneria progettato da Riccardo Morandi. Un viadotto esito di una sperimentazione sul calcestruzzo che il 14 agosto 2018 collassa trascinando con sé disperazione e morte. In quella data crolla anche l’idea di modernità connessa all’idea di Stato. Nelle ore e nei giorni successivi una paralisi ha colpito tutti, incapaci di capire quale futuro attendere e progettare. In qualsiasi altra situazione la razionalità avrebbe avuto la meglio sulla frenesia e l’emotività, ma l’incompetenza e la scarsa professionalità della classe politica al governo di Genova ha creato molta confusione spacciandola per efficienza. Il pluristellato architetto Renzo Piano ha cucinato un progetto adatto alla tragedia, rassicurante e senza quella forza che era propria del viadotto Morandi.

Non c’è stata discussione; si è agito senza pensare, si doveva fare. Nessuna voce contraria si è levata, solo alcune voci sparute, minori, che hanno tentato di aprire il dibattito che è avvenuto solo nelle aule universitarie grazie alla lungimiranza di docenti come Carmen Andriani e Manuel Gausa. [Cfr. la nostra inchiesta: «Genova e il fantasma del ponte Morandi»]

La consultazione farsa di manifestazione d’interesse da parte di raggruppamenti d’imprese e progettisti per la ricostruzione del ponte ha evidenziato, ancora una volta, la debolezza italica: agire sempre e comunque in emergenza. L’emergenza tollera ogni forma di abuso di potere politico e legislativo solo per raggiungere un consenso elettorale immediato. D’altronde non deve sconvolgere che Genova sia in Italia la città più viziata e che ha beneficiato nel tempo di sovvenzioni dello Stato, senza rimboccarsi le maniche, se non ritorniamo alla ribellione agli austriaci condotta da Giovanni Battista Perasso detto il Balilla; era però il 5 dicembre 1746.

Anche per il concorso del masterplan del quadrante Valpolcevera, praticamente l’area sottostante il nuovo viadotto, ci vorrà l’aiutino statale e poi si dovranno presentare gli esiti ai privati che dovranno sostenerne la realizzazione. Indubbiamente va dato atto all’Ordine degli Architetti di Genova e al CNAPPC di aver posto regole chiare alla politica efficientista o presunta tale dell’amministrazione Bucci. Un altro discorso è quanto la politica ha condiviso un approccio nuovo per Genova alle trasformazioni urbane, anche se emerge un’assenza di visione d’insieme nel rapporto tra Valpolcevera e resto della città e della stessa valle a nord e sud. Questo fatto risulta ancora più grave se passiamo alla macro scala, dove non è stato immaginato nessun piano strategico né piano di governo del territorio in questi anni, come accaduto invece a Milano con le amministrazioni Pisapia e Sala. Il concorso genovese consente tuttavia, per la prima volta, al CNAPPC di finanziare con centomila euro i premi, mentre l’Ordine genovese con diecimila euro copre le spese della giuria; una spinta importante per eleggere il concorso come modalità operativa abituale.

La crisi della mancanza di visione coincide con la crisi del ruolo di assessore all’Urbanistica. Si è passati da un tecnico-politico come Bruno Gabrielli, allievo di Giovanni Astengo, alla sindaca Marta Vincenzi che tenne per sé la delega, all’assessore della giunta Doria Stefano Bernini, per finire con Simonetta Cenci, partner professionale e nella vita di Alfonso Femia (ex 5+1), alla sua prima esperienza amministrativa.

Ma torniamo al concorso. Il fatto di aver concentrato tutto nell’area prospiciente il sedime della nuova infrastruttura dimostra la scarsa lungimiranza nel pensare alla Valpolcevera nel suo insieme. Inoltre, gli interventi considerati risolutivi contribuiranno a marginalizzare ancora di più il quartiere che guarda al concorso come ultima possibilità di riscossa sociale e culturale, proprio perché disconnessi dal resto della valle. Il masterplan non riflette neppure sulle future infrastrutture come l’alta velocità, che prevede d’insediare la nuova stazione in zona Trasta non lontana da Bolzaneto, fatto evidenziato dagli studenti universitari nei corsi suddetti e che nessuno ha considerato d’inserire nel bando almeno come ipotesi di scenario.

Se analizziamo poi nel dettaglio il disciplinare di concorso, non si comprende la discrepanza nei parametri di valutazione: ad esempio, i punti assegnati nel primo grado del concorso sono 60 per la coerenza del progetto con le linee guida, mentre la qualità della “valorizzazione urbana” 40 e la qualità dell’idea progettuale 20. Nel secondo grado la qualità del progetto urbano e delle connessioni ne vale 40, mentre la qualità architettonica dello spazio vale 20 punti (incomprensibile, dovrebbero avere lo stesso punteggio).

Confrontando questo concorso con quello degli ex scali Farini a Milano si denota nell’esempio milanese – vinto da OMA/Rem Koolhaas – un’impostazione più approfondita. Infatti salta all’occhio la richiesta ai progettisti di elaborare scenari futuri dell’assetto morfologico, tipologico e spaziale, al pari di un coinvolgimento diretto e maggiore dei cittadini: la cosiddetta partecipazione. A Genova non accade, città dove cento anni fa nasceva Giancarlo De Carlo, che della partecipazione ha fatto il suo modus operandi. I genovesi parteciperanno a giochi fatti, quando la giuria composta dagli Avengers e guidata da Stark (Tony, non Philippe Starck) in una sola settimana sceglierà il progetto migliore.

Architettura Ecosostenibile compie 10 anni!

Architettura Ecosostenibile compie 10 anni. Eh già, sono passati 10 anni dal maggio del 2009, quando muovevamo i primi timidi passi online, prima di ogni altro portale sul tema.

Un decennio è trascorso ma la passione che ci muove è esattamente la stessa ed è il vero trait d’union del sito. Traspare in ogni sua pagina, progettata nei dettagli, in ogni articolo, scritto con competenza ed amore dai nostri autori e revisionato con attenzione dalla redazione, nella cura dei social network, il nostro contatto più diretto con tutti i fan che hanno scelto di seguire la nostra avventura “green”.
Oggi possiamo dire con orgoglio di essere il riferimento in Italia non solo per studenti e professionisti del settore, ma anche per i curiosi che si avvicinano per la prima volta all’architettura ecosostenibile. Con i nostri articoli di approfondimento, le interviste, le recensioni e una redazione di architetti preparati, da 10 anni facciamo della divulgazione delle tematiche relative alla sostenibilità in architettura la nostra missione.

I più sentiti ringraziamenti vanno a te e a tutti i nostri lettori che ci hanno seguito e supportato in questi 10 anni e agli autori che hanno scelto di condividere con il vasto pubblico del web le proprie conoscenze.

Per non lasciar passare inosservato un traguardo così importante la redazione festeggerà con un weekend a Londra all’insegna dell’architettura. Visiteremo la City e i quartieri di Battersea, Stratford e King’s Cross, interessati da progetti architettonici e riqualificazioni urbane fantastiche! Condivideremo con te, tramite i nostri canali social, foto e racconti di viaggio, ma soprattutto elaboreremo, alla fine del weekend, una guida sull’architettura contemporanea a Londra, che ti piacerà sia come appassionato di architettura, ma anche e soprattutto se hai in programma una visita alla capitale del Regno Unito.

Festeggia con noi! Invia un messaggio di auguri all’indirizzo antonia@architetturaecosostenibile.it . I più speciali saranno letti a tutti gli autori durante il weekend insieme a Londra. In questo modo potrai partecipare a distanza a questa esperienza unica!

Sono passati 10 anni, ma la nostra voglia di raccontare il mondo dell’architettura ecosostenibile è rimasta immutata. Se credi anche tu che il miglior modo di vivere su questa terra sia quello di muoversi con passo lieve, continua a seguirci! Ci aspettano altri compleanni da festeggiare insieme. Intanto questo sarà davvero speciale!

Antonia Guerra e la redazione di Architettura Ecosostenibile

AMPLIAMENTO AEROPORTO MARCO POLO VENEZIA. STRUTTURE: TRA SFIDE E SOLUZIONI RAGGIUNTE

Gli interventi di ampliamento dell’Aeroporto Marco Polo Venezia sono partiti nel maggio del 2018 e sono stati inaugurati alla presenza della Presidentessa del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati e del Sindaco di Venezia Luigi Brugnaro.

Tecnologie costruttive ed un cantiere dalle particolari caratteristiche, sono aspetti che rendono necessario un approfondimento tecnico per via delle soluzioni, strutturali e di gestione del cantiere, adottate per l’intervento da considerarsi un vero e proprio caso studio per i progettisti.

L’intervento che interessa l’aerostazione veneziana si inserisce nella prima fase del più ampio progetto di ingrandimento del cosiddetto Lotto B2, un importante lavoro destinato al settore Extra Schengen, il quale si stima verrà ultimato nel 2027.

La necessità di nuovi spazi (ampliamento sala arrivi e sala partenze, nuovo torrino) risponde alla crescita degli utenti che usufruiscono dell’area Extra Schengen e che rappresentano il 32% del traffico totale che attraversa l’aeroporto di Venezia-Tessera.

Nel dettaglio, le operazioni prevedono la costruzione dell’edificio “Pier Sud” dell’Aeroporto di Venezia – Ampliamento terminal passeggeri, che si sviluppa su quattro piani fuori terra (piano mezzanino, piano primo, piano secondo e copertura).

La presente panoramica tecnica sulle strutture e sulle dinamiche di posa in cantiere per l’ampliamento Aeroporto Marco Polo Venezia, è stata elaborato da Tecnostrutture, la società coinvolta nel progetto in qualità fornitore primario di pilastri PDTI® NPS®, travi NPS® BASIC e solaio predalles. Vediamo i dettagli tecnici del progetto.

AMPLIAMENTO AEROPORTO MARCO POLO VENEZIA. QUALI CARATTERISTICHE HANNO LE STRUTTURE?
Durante la fase di progettazione dell’ampliamento Aeroporto Marco Polo di Venezia è stato utilizzato il BIM per ridurre le interferenze tra gli elementi. La società CLEA , per conto del Consorzio Integra Soc.Coop si è occupata della sovrapposizione dei file IFC provenienti dalle varie discipline (architettonico, strutture, impianti).

Il Sistema NPS®, i pilastri PDTI® misti acciaio-calcestruzzo e le travi tralicciate oggetto della fornitura NPS® sono stati prodotti secondo i criteri, le specifiche ed il dimensionamento del progettista principale dell’opera.

La struttura portante dell’edificio di nuova costruzione è costituita da:

orditura principale verticale: parete in c.a. e colonne miste acciaio-calcestruzzo PDTI® di dimensioni Ø1016/508mm;
orditura principale orizzontale del piano primo e secondo solaio: travi NPS® di tipo misto acciaio-calcestruzzo, sottosporgenti il solaio, e impalcati di tipo predalles;
maglia strutturale tipo al piano primo 11,39×12,00 m con travi su luce di 12,00 m;
maglia strutturale tipo al piano secondo 11,39×24,00 m con travi su luce di 24,00 m;
altezza massima dei PDTI® 17,76m con interpiani a +6,34 m e +12,75 m.
Ampliamento Aeroporto Marco Polo Venezia

Le colonne del Sistema NPS® sono state realizzate in tronchi monopiano giuntati, ad eccezione di alcune colonne che sono a doppia altezza, con profilo tubolare Ø1016x20mm e Ø508x16mm in acciaio S355J0.

All’interno della camicia è presente l’armatura necessaria per garantire le prestazioni di resistenza al fuoco in acciaio B450C, costituita da 12Ø30 e 12Ø16 per le colonne Ø1016 e da 12Ø16 e 6Ø16 per le colonne Ø508mm. Altezza massima pari a 10,18 e 6,75 m.

Le travi del Sistema NPS® sono state realizzate nel rispetto degli ingombri geometrici definiti in fase esecutiva dal progettista: per primo impalcato presentano luce max 11,50 m sez. 70×52 con piatto inferiore 30mm S355, mentre per secondo impalcato luce max 23,00 m sez. 70×120 con piatto inferiore 15mm S355. Impiego di correnti in acciaio S450 per diametri superiori a Ø36mm.

Il dimensionamento degli elementi prefabbricati, per l’ampliamento Aeroporto Marco Polo Venezia, è stato eseguito dai progettisti NPS® secondo le prescrizioni di legge vigenti D.M. 14.01.2008 “Norme tecniche per le costruzioni” e sulla base delle sollecitazioni calcolate nel progetto originario.

Ai sensi della UNI EN 1090 è stata definita la classe di esecuzione per le strutture metalliche EXC4 in conformità al progetto originario.

COM’È AVVENUTA LA POSA IN OPERA IN CANTIERE?
Tra le principali sfide affrontate nella realizzazione dell’intervento di ampliamento Aeroporto Marco Polo Venezia, rientrano le operazioni di posa avvenute prevalentemente ad aeroporto e piste chiuse, quindi in orario notturno (Fig.1), tra le 0,30 e le 5,45.

Ampliamento Aeroporto Marco Polo Venezia
Fig.1_Operazioni di posa orario notturno_©Tecnostrutture

Questo perché il montaggio è stato eseguito con un’autogrù molto alta, che interferiva con i sistemi radar del controllo volo. Inoltre il montaggio si è svolto in gran parte nell’area della pista, in conflitto con le normali operazioni svolte ad aeroporto chiuso.

Le travi che ricadevano sul confine tra area pubblica ed area sterile, sono state avvolte in concertina (filo spinato – Fig.2) ed installati sotto la supervisione della polizia aeroportuale. Altro ostacolo era la nebbia. In caso di visibilità non sufficiente a garantire la sicurezza nell’area di competenza dell’ENAC, veniva inibito l’accesso a tutti i lavoratori.

Figura 1_Operazioni di posa orario notturno_©Tecnostrutture
Fig.2_Concertina a protezione dell’area_©Tecnostrutture

La posa degli elementi strutturali NPS® è stata svolta seguendo il cronoprogramma del cantiere, sotto la vigilanza della direzione lavori e del coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione.

QUALI DIFFICOLTÀ SI SONO PRESENTATE NELLA PROGETTAZIONE E COME SONO STATE SUPERATE?
La progettazione NPS® ha fatto riferimento al progetto iniziale, definendo la soluzione tecnologica che risultasse versatile e flessibile in fase di realizzazione.

Ampliamento Aeroporto Marco Polo Venezia
Fig.3_Travi tralicciate_©Tecnostrutture

La sequenza di posa e l’autoportanza delle travi tralicciate NPS® (Fig.3) hanno sensibilizzato il progettista alla verifica scrupolosa delle strutture in fase provvisionale (stabilità delle strutture verticali e svergolamento del traliccio).

La particolarità, della commessa ampliamento Aeroporto Marco Polo Venezia per le azioni in gioco e le performance strutturali richieste, ha posto l’attenzione del progettista NPS® anche ai minimi particolari, quali:

la verifica puntuale delle armature ai nodi del telaio sismoresistente al fine di garantire una corretta posa delle stesse (armature bidirezionali su più strati superiori ed inferiori) e la corrispondenza tra progetto ed As Built;
la definizione della sequenza di posa delle armature con preinserimento nelle travi tralicciate NPS® delle barre ai nodi e successivo scorrimento delle stesse come da progetto esecutivo;
la verifica delle strutture in fasi distinte, come previsto dal cronoprogramma, con cambio dello schema statico da semplice appoggio a continuità strutturale.
Le difficoltà progettuali riscontrate sono state risolte attraverso le soluzioni NPS® a disposizione e la collaborazione sinergica con il progettista principale dell’opera e il direttore dei lavori: diversamente non sarebbe stato possibile raggiungere questo eccellente risultato.

Credits

Committente: Gruppo SAVE s.p.a..

Impresa di costruzioni: Consorzio Integra Soc.Coop.

Progetto strutturale e architettonico: OneWorks.

Fornitura pilastri, travi e solai: Tecnostrutture, azienda con 35 anni di esperienza specializzata nel settore dei prefabbricati a struttura mista acciaio-calcestruzzo.

Rischio sismico, gli architetti di Catania: “Non abbassare mai l’attenzione sul nostro territorio”

“Il terremoto ha cambiato la vita di moltissime persone e distrutto case, ritenute sicure fino a pochi secondi prima della scossa”. Così il presidente Alessandro Amaro

“Il terremoto ha cambiato la vita di moltissime persone e distrutto case, ritenute sicure fino a pochi secondi prima della scossa. L’Ordine degli Architetti non ha dimenticato il sisma dello scorso 26 dicembre, momento di grande tensione che ci ha visto a lavoro a sostegno della popolazione colpita. Vogliamo partire da incontri come questi per passare dalle riflessioni, dal confronto tra professionisti, ad azioni concrete che possano realmente incidere sulla sicurezza del nostro territorio”.

Così Alessandro Amaro, presidente dell’Ordine degli Architetti di Catania ha introdotto il convegno “Il sisma ti cambia la vita”, organizzato insieme alla Fondazione durante l’evento fieristico “CamBiovita Expo”, “dove abbiamo realizzato un’istallazione all’interno del nostro stand che rievoca l’evento sismico, con l’obiettivo di non dimenticare e non abbassare l’attenzione su questo tema“, come spiegato dall’architetto Martina Arena, delegata del presidente in Fondazione.

Un’occasione di dibattito e approfondimento che ha avuto come focus centrale i sempre attuali fenomeni sismici, con testimonianze di chi è sceso sul campo nei momenti di emergenza: “Il terremoto di Santo Stefano ha colpito maggiormente i comuni di Aci Catena, Aci Sant’Antonio, Acireale, Santa Venerina, Viagrande, Zafferana Etnea, oltre ad alcune frazioni tra cui Fleri – ha detto l’architetto Paolo Licandri, consigliere tesoriere dell’Ordine – in questi casi noi della protezione civile ci siamo occupati di dare un soccorso immediato alle persone interessate, dalla conta degli sfollati alla loro allocazione“.

“A seguito delle scosse dello scorso dicembre, noi professionisti ci siamo messi a disposizione per effettuare i sopralluoghi: io, per esempio, mi sono occupato personalmente di Aci Sant’Antonio, un comune molto vasto di cui si è parlato poco, dove varie strutture abitative sono state dichiarate inagibili e molti residenti ancora vivono negli alberghi o nelle case di parenti”, ha sottolineato il consigliere architetto Igor Nastasi. Una terra che continua a tremare e che sembra essere abituata all’emergenza, ma che necessita di una preparazione adeguata per la gestione di criticità rimaste irrisolte: “Di fronte a un sisma non siamo mai pronti ad affrontare le conseguenze, né da un punto di vista culturale e neanche sotto il profilo operativo – hanno affermato Paolo Nicolosi consigliere nazionale dei Geometri e Agatino Spoto, presidente del Collegio etneo – ci preme pensare alla formazione di tecnici preparati, soprattutto a vantaggio delle generazioni future“.

“Sull’argomento terremoti occorre puntare sulla prevenzione, oltre a dare un’informazione adeguata circa l’entità del fenomeno sismico, calcolata solo sulla base del grado di magnitudo, mentre di primaria importanza è anche il livello di profondità del movimento tellurico“, ha spiegato l’ex presidente degli Ingegneri di CataniaLuigi Bosco. A parlare di “necessità di riqualificare gli edifici pubblici e privati” è stato Giuseppe Piana, presidente Ance, che da mesi riunisce tutta la filiera attorno al tavolo “Catania Sicura” per pianificare azioni di prevenzione, “un lavoro che va fa fatto attraverso una sinergia tra i vari attori operanti nel settore“, ha aggiunto Biagio Bisignani, direttore Urbanistica del comune di Catania.

“Occorre mirare a innalzare il senso civico, per preservare il nostro patrimonio culturale“, ha continuato Barbara Mirabella, direttrice “CamBiovita Expo” e assessore comunale alla Pubblica Istruzione e Beni Culturali. Su questo tema, l’intervento di Giuseppe Marano, consigliere dell’Ordine: “Porto l’esperienza di ricognizione degli episodi sismici del 2002, dell’ottobre 2018 a Biancavilla e a Santa Maria di Licodia e dello scorso 26 dicembre; si tratta in quest’ultimo caso di zone colpite più volte nella storia da calamità naturali come queste e, in caso di danni, ci occupiamo anche della salvaguardia dei monumenti colpiti come le chiese delle frazioni di Pennisi, Fleri e Pisano“.

“Vogliamo fare capire alla popolazione l’importanza della solidità ed efficienza delle loro case, attraverso un’opera di sensibilizzazione sull’uso di incentivi per la messa in sicurezza degli edifici: si tratta dei bonus ristrutturazione, bonus mobili, eco-bonus, bonus giardini, sisma-bonus ed eco/sisma-bonus“, ha concluso il Presidente Amaro. Non a caso, l’architetto Cecilia Tosto, delegata del presidente dell’Ordine per l’Architettura Sostenibile, ha definito “il patrimonio edilizio una risorsa da cui si può innescare un processo economico virtuoso, perché la qualità della nostra vita dipende da quella delle nostre abitazioni“.

Durante il convegno anche il ricordo del decennale del terremoto dell’Aquila con gli interventi del consigliere Pietro Milone e l’architetto Giuseppe Licciardello.

Un ponte da 5mila tonnellate di acciaio per collegare i Balcani alla Comunità Europea: lo ha realizzato la trevigiana Maeg

Per costruirlo sono stati allestiti due cantieri sulle sponde della Sava: uno in territorio bosniaco, l’altro in terra croata e le maestranze hanno lavorato andandosi incontro. Al confine tra Croazia, Paese Ue, e Bosnia Erzegovina ora c’è il ponte di Svilaj a due corsie distinte, lungo 640 metri e largo 29: in questi giorni la trevigiana Maeg Costruzioni di Alfeo Ortolan vi ha calato l’ultimo concio, a completamento della struttura in metallo che sorreggerà le solette di calcestruzzo per il transito degli autoveicoli. Un ponte atteso, una pietra miliare a rafforzare le relazioni tra i due Paesi.

“Quel ponte sulla Sava che a Belgrado va a congiungersi col Danubio”, ha detto Alfeo Ortolan (in foto), fondatore e presidente di Maeg Costruzioni Spa, quartier generale a Vazzola, in provincia di Treviso, “è parte del corridoio paneuropeo 5c, che collega il porto croato di Ploče con la capitale ungherese Budapest, ed è strategico per le vie di comunicazione e di trasporto dell’Europa centro-orientale”.

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Composto da sette campate per un peso complessivo di 5mila tonnellate di acciaio che poggiano su quattro pile, due delle quali all’interno del corso fluviale, la struttura del ponte è stata realizzata in Veneto e pre-assemblata a terra. I conci sono stati poi sollevati e installati con l’impiego di torri dotate di gru e poggiati su torri temporanee. Per alloggiare i macro-conci, sono state costruite nel letto della Sava due piazzole con l’utilizzo di palancole ad arginare il flusso del fiume, soggetto a forti piene.

Spettacolare, oltre che emozionante, la posa dell’ultimo concio che apre di fatto i collegamenti diretti tra Croazia e Bosnia Erzegovina lungo il corridoio paneuropeo dal porto di Ploče sul Mar Adriatico a Budapest in Ungheria.

La stazione appaltante è costituita dal Governo della Repubblica di Croazia e dal Consiglio dei ministri della Bosnia ed Erzegovina e finanziata, grazie a dei fondi europei, per oltre 26 milioni di euro dai due Stati, di cui 10,5 milioni per le strutture metalliche. Vincitore dell’appalto per la costruzione delle strutture metalliche è risultato nel 2017 lo specialista Maeg Costruzioni SpA di Vazzola. Non c’è ancora il manto stradale, ma da giovedì scorso le due sponde della Sava si sono ricongiunte e si rafforza così la posizione della Bosnia come candidato potenziale all’ingresso nella Comunità europea.

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Maeg Costruzioni, società per azioni controllata totalmente dalla famiglia di Alfeo Ortolan, fondata nel 1978, è un international player nel settore delle costruzioni, sia come General Contractor che come specialista nella lavorazione di carpenteria in acciaio medio-pesante. Offre un servizio completo attraverso la progettazione, la produzione e la posa in opera di ponti, viadotti ed edifici ad uso civile e industriale. Le opere Maeg sono presenti in oltre venti Paesi in tutto il mondo: tutte sono interamente Made in Italy e coordinate in-house.

Sono 65mila le tonnellate/anno che determinano la capacità produttiva dei cinque stabilimenti di 160mila metri quadrati coperti, distribuiti tra le province di Treviso e di Pordenone (Vazzola, 2 a Codogné, Maron di Brugnera e Budoia). Con circa 900 addetti ha realizzato nel 2017 un fatturato di 118,6 milioni di euro con un Ebitda di 8,8 milioni di euro.

Incendio Notre-Dame: presentato il progetto green per trasformare il tetto in una grande serra

E se il tetto della cattedrale di Notre-Dame devastato dall’incendio del 15 aprile diventasse un’enorme serra verde aperta al pubblico per progetti educativi e di inclusione sociale? È il progetto di restauro green presentato da un collettivo di architetti francesi: alberi d’alto fusto e piante di ogni genere in un luogo dove conciliare (anche) le sfide dell’ecologia e delle pari opportunità.

È esattamente questa l’idea che è alla base della bozza proposta dallo Studio NAB, pubblicata sul sito Designboom e denominata “Notre Dame de Paris in green for all of us”, che immagina di far diventare il sottotetto della basilica un luogo in cui far interagire conservazione e storia con le problematiche sociali e le sfide ecologiche moderne.

La proposta progettuale comprende una grande serra didattica che si estenda su tutto il tetto, al cui interno si potranno ospitare iniziative di reinserimento professionale rivolte ai più poveri, con corsi di agricoltura urbana, orticoltura e permacultura, e spazi dedicati a laboratori didattici per i più piccoli.

La guglia centrale, bruciata e collassata durante il rogo, inoltre, diventerebbe un eccezionale apiario, con decine di alveari al suo interno.

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La struttura in rovere, soprannominata “la foresta”, sarà riutilizzata per creare tutte le piantatrici e le strutture presenti nella serra, seguendo un design che rispetti la sagoma originale dell’edificio e le diverse figure che lo abitavano. Nel progetto, infine, la copertura del tetto è pensata in una struttura in acciaio color oro e riempita con pannelli di vetro, il tutto rispettando il sequenziamento autentico dei tetti.

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Dall’incendio che ha colpito la cattedrale di Notre-Dame, si sono in realtà susseguiti parecchi progetti più o meno realistici per la ricostruzione del tetto, alternandosi tra coloro che vorrebbero ristrutturarlo in modo identico a prima e coloro che vogliono reinventarlo utilizzando materiali attuali. Ma un’idea di una enorme serra su uno storico monumento patrimonio mondiale dell’UNESCO voi come la vedete?

La villa su misura? È pratica, ecologica, accessibile di design. E prefabbricata

Tetto-giardino, mini piscina, grandi vetrate affacciate sul verde. Lo direste? È una casa prefabbricata, che un’architetta ha realizzato per sé. Sembra la California, invece si trova in Franciacorta nel bresciano

Rendere accessibili a tutti i benefici dell’architettura». L’obiettivo di Valentina Moretti, fondatrice nel 2011 dello studio di progettazione More, è semplice. Quello che sorprende è come lo ha realizzato. E cioè con un approccio prefabbricato all’abitare. Primo test? Su se stessa. Che in questa casa in Franciacorta, nel Bresciano, rispetta in pieno i requisiti di efficienza energetica e antisismica senza sacrificare lo stile. Anzi, conquista spazio, luce e paesaggio. Che “arredano” gli interni liberi da pilastri grazie a una tecnologia leggera e personalizzabile. Al centro c’è il rapporto uomo-natura, ma il glamour è ispirato alle residenze cult anni Cinquanta sulle colline di Los Angeles.

Sviluppo sostenibile
L’impianto razionale della casa alterna spazi aperti e chiusi, «dove riesco a decomprimermi» racconta Valentina. Mettendosi in ammollo nella mini piscina che sembra sospesa sul bosco che circonda la proprietà, e soprattutto ritirandosi nel “giardino segreto” costruito sul tetto. Arredato con lettini da sole e sdraio, lo spazio verde in cui Valentina organizza feste e aperitivi ha un aspetto volutamente selvaggio, anti intrusione e “autogestito”: il folto delle graminacee è in grado infatti di autosostenersi. Un’architettura un po’ “slow” in armonia con il territorio? «Sì! Ispirata al mondo del design e dell’automotive, ma senza compromessi etici».

Istruzioni per l’uso
Individuato il terreno (edificabile), per avere una casa More i passaggi sono questi: i futuri proprietari illustrano le loro esigenze, un architetto fa il progetto preliminare, che viene poi sviluppato insieme in Atelier. Una volta ottenuto dal Comune il permesso di costruire, si dà il via alla produzione dei diversi elementi. Dalle fondamenta in su, tre mesi di cantiere.