Consiglio di Stato: le norme relative alle distanze tra edifici non si applicano alle costruzioni erette a confine con le piazze e le vie pubbliche, poiché in tal caso si devono osservare le leggi e i regolamenti per esse specificamente dettati.
La norma di riferimento sulle distanze in edilizia (art. 9 del DM 1444/1968) non si applica sempre: ci sono delle deroghe, e tra queste quella prevista dall’art. 879, comma 2, c.c., ovverosia che le distanze non si applicano alle costruzioni erette a confine con le piazze e le vie pubbliche, dovendosi in tal caso osservare le leggi e i regolamenti per esse specificamente dettati.
L’importante principio è contenuto nella sentenza 3098/2018 del Consiglio di Stato, dove peraltro si ricorda che secondo la Cassazione civile (cfr., ex plurimis, Cass. civ. Sez. II, 12 febbraio 2016, n. 2863) la norma, esplicitamente riferita al caso di due fondi privati separati da via pubblica, è a fortiori applicabile quando la costruzione (ne caso di specie, un’edicola realizzata sul marciapiede) è edificata su suolo pubblico.
Distanze in edilizia: l’edicola della discordia
La società proprietaria di un fabbricato impugnava innanzi al TAR per la Toscana la concessione edilizia rilasciata per un intervento di “ristrutturazione di chiosco per edicola”, richiesta dal titolare della relativa concessione di suolo pubblico, e cioè quella subentrata, secondo quanto risulta dal provvedimento impugnato, alla precedente titolare dell’attività commerciale al cui esercizio è strumentale il manufatto di cui trattasi.
Con il medesimo ricorso venivano impugnate, altresì, la delibera con cui il Comune di Barga autorizzava la precedente titolare dell’edicola a presentare “il progetto relativo alla posa in opera di un nuovo manufatto da utilizzare, in sostituzione del precedente, ad edicola…”; nonché la successiva delibera con cui era stato approvato “il progetto di ristrutturazione dell’Edicola…”
La società ricorrente faceva presente che la piazza sulla quale si affaccia lateralmente il fabbricato nella proprietà della medesima, era stato recentemente oggetto di una serie di lavori di ristrutturazione, allo stato in via di ultimazione. In tale contesto, soggiungeva, era stata tra l’altro operata la demolizione di un’edicola per la vendita di giornali e riviste, precedentemente esistente e sita a distanza di circa m. 3,5 dal confine con la proprietà della ricorrente ed installata sul suolo pubblico, al pari di un vecchio “vespasiano”, quest’ultimo ubicato al confine tra la proprietà pubblica e quella della ricorrente.
Al posto di tali manufatti era stata realizzata una nuova struttura “integrata” (edicola fornita di bagno), avente caratteristiche dimensionali del tutto diverse da quella preesistente, essendo molto più ampia e con altezza superiore a quella della struttura demolita, e con una diversa ubicazione, in quanto il nuovo manufatto si trovava a circa m. 1,5 dal confine con la proprietà della ricorrente e a circa m. 8,50 dal fabbricato ivi insistente.
L’originaria ricorrente deduceva, quindi, l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in quanto il manufatto sarebbe stato edificato in violazione delle norme in materia di distanze tra edifici e dal confine dettate dal Regolamento Edilizio.
Distanze tra costruzioni: quando si può derogare
Per il Consiglio di Stato, poiché l’edicola è stata realizzata su suolo pubblico ed è accorpata ad un’opera funzionale all’esercizio di un servizio pubblico, ricorre obiettivamente una delle ipotesi per cui, sia in base alle disposizioni codicistiche che a quelle regolamentari vigenti nel Comune di Barga, era possibile derogare alle disposizioni relative alle distanze dai confini da osservarsi nelle nuove costruzioni.
La deroga prevista dall’art. 879, comma 2, c.c., discende infatti dalla considerazione che in presenza di una strada pubblica non emerge tanto l’esigenza di tutelare un diritto soggettivo privato, quanto quella di perseguire il preminente interesse pubblico ad un ordinato sviluppo urbanistico, che trova la sua disciplina esclusivamente nelle leggi e nei regolamenti urbanistico-edilizi.
Le regole base delle distanze
In tema di edistanza tra edifici (distanze in edilizia), l’art. 9 del DM 1444/1968 comma 2 prescrive l’obbligo di osservare una distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate ed edifici antistanti: servono, quindi, due pareti contrapposte, di cui almeno una deve essere finestrata.
La distanza di 10 metri va calcolata con riferimento ad ogni punto degli edifici (e non alle sole parti che si fronteggiano), nonché con riferimento a tutte le parti finestrate (e non solo alla principale), a prescindere dal fatto che queste siano o non siano parellele tra loro.
Pr pareti finestrate si intendono non solo le pareti munite di “vedute”, ma anche tutte le pareti munite di apertura di qualsiasi genere verso l’esterno come porti, balconi, finestre di veduta o di luce ed è sufficiente che sia finestrata anche una sola delle due pareti.
Quindi, le distanze non si misurano in maniera “radiale” come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare, perpendicolare e ortogonale. Gli sporti, i balconi e gli oggetti di dimensione esigua e con funzione decorativa esulano dal calcolo delle distanze, poiché sono parti “trascurabili” rispetto agli interessi tutelati dalla norma.