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Le città ai tempi del Covid: continueremo a costruire grattacieli?

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ci ha costretti ad adottare comportamenti e nuove abitudini di vita che, probabilmente, ci accompagneranno ancora per molto.

Il distanziamento tra le persone per strada, nei luoghi pubblici o sui mezzi di trasporto, un maggior ricorso allo smart working, il crescente uso della tecnologia e una prolungata “assenza” dai classici ambienti di lavoro come gli uffici. 

Spazi che da mesi sono vuoti o poco sfruttati e che, molto spesso, si trovano in grandi edifici o grattacieli. 

Se nell’immediato, l’obiettivo principale è stato quello di creare luoghi sicuri, guardando oltre, le principali sfide da affrontare riguarderanno proprio la progettazione dei nuovi spazi di vita: residenze, uffici e, in senso lato, l’habitat urbano. 

Allora come cambieranno le città? È ipotizzabile continuare a pensarle sempre più ricche di torri e grattacieli che non “rubano” suolo ma concentrano vita in altezza?

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Grattacieli e habitat urbani: riflessioni per il post Covid

«Grattacieli e habitat urbani: nuovi paradigmi» è il tema dell’incontro che si è svolto alla Triennale di Milano e a cui hanno partecipato, tra gli altri, progettisti, architetti, ingegneri, immobiliaristi, costruttori e stakeholder del settore.

Il filo conduttore del dibattito, anticipatore del X Convegno internazionale Tall Buildings del prossimo 27 ottobre, è stato proprio una riflessione su come le città e gli edifici cambieranno dopo un’emergenza sanitaria senza confronti. In questi ultimi mesi, infatti, è nata una nuova consapevolezza: per anni abbiamo pensato a progettare edifici resistenti ai terremoti e agli incendi, digitalizzati, connessi, sostenibili, efficienti e performanti ma un nemico “invisibile” e subdolo come un virus, ha evidenziato fragilità e criticità.

Le stesse città, sempre più abitate, vissute e smart, sono a prova di epidemia?

«L’incontro è nato per riflettere sulla capacità del mondo della progettazione, di quello della costruzione e degli investitori, di fare più sistema rispetto al passato e di proporre soluzioni urbane che tengano conto di un nuovo rischio, quello del contagio causato da virus – ha commentato Aldo Norsa, già professore ordinario dell’Università Iuav di Venezia – questo aspetto della sicurezza sanitaria, fuori dal mondo ospedaliero, non faceva parte del bagaglio comune del professionista».

Nasce quindi una nuova sfida per il mondo della progettazione, che nella fattispecie interessa anche i grattacieli.

«A Milano, molti di questi edifici sono ancora vuoti e ci si domanda se siano solo dei totem o se questa densificazione urbana serva effettivamente – ha aggiunto Norsa – tanto che si valuta una riprogettazione dei grattacieli attuali e una rivisitazione dei progetti che sono allo studio, per renderli più adatti a ospitare un mix di attività che non siano solo ad uso terziario, ma anche ludiche, del tempo libero, includendo la componente residenziale».

La città al tempo del Covid: tra progettazione in retrofit e riorganizzazione della scena urbana

Cosa significa quindi ripensare la città e i suoi edifici al tempo del Covid?

Gli effetti causati della pandemia si sono rivelati più accentuati nelle grandi città, dove vi è maggior densità di abitanti: è proprio in questi luoghi che fin da subito si è assistito a mutamenti repentini. Da chi dovranno essere guidate queste trasformazioni?

«Non credo che spetti a noi architetti – ha detto Patricia Viel – perché sono i modi di vita e i comportamenti delle persone che cambiano l’architettura. A Milano, a esempio, è nata un’attività di progettazione in retrofit, che ora tenta di cambiare e adattare l’esistente, come se si accettasse l’idea di vivere in un ambiente che non ha forma finita».

Una riorganizzazione della scena urbana tangibile.

«Ora si ripensano le strade, le piazze, si punta alla pedonalizzazione e i marciapiedi si allargano – ha aggiunto Viel – bisogna uscire da questa dimensione di collo sanitario e cogliere quella che è un’occasione irripetibile per studiare meglio i comportamenti delle persone, che non sono cambiati solo per la pandemia, ma anche per la cultura digitale che avanza».

Lato edifici, per Viel i modelli sono cambiati ed è inutile continuare a pensare a tipologie fisse.

«L’edificio per uffici, l’albergo, la casa, la scuola, sono storie superate – ha spiegato – perché un edificio per il lavoro, probabilmente in futuro dovrà avere una foresteria, il buon vecchio diurno negli uffici o uno spazio per organizzare un pranzo riunioni: gli usi degli spazi si contaminano, un po’ più residenziale e un po’ più hospitality. La chiave è riorganizzare e cambiare le regole: smettere di progettare by Code e reinventare nuovi Codici».

Un ragionamento valido anche per i tall buildings?

«Gli edifici alti in particolare sono condensatori sociali – ha aggiunto Viel – ma, per esempio, hanno un principio di stacking che separa per ragioni di sicurezza, efficienza, per la gestione dei flussi: sono poco flessibili. Invece dovrebbe approfittare della verticalità per trasferire un mondo di relazioni aperto. Nel progettare nuovi edifici alti o spazi per il lavoro, personalmente cercherò di rompere i codici d’uso per introdurre nuovi servizi, modi diversi di usare gli spazi e agevolarne la flessibilità, a esempio, inventando delle forme di protezione acustica che non siano fisse, sicuramente il problema non sarà aprire le finestre».

La Milano del domani? In altezza sì, ma con ampi spazi verdi

L’archietto e presidente della Triennale Stefano Boeri ha evidenziato l’importanza delle aree verdi nella città, portando a esempio il capoluogo lombardo e il progetto «Nove Parchi per Milano».

«Nove Parchi per Milano fu una formidabile intuizione urbanistica di Gigi Mazza e Pierluigi Nicolin – ha detto l’architetto Boeri – la loro idea prevedeva uno sviluppo della città attorno a spazi aperti, nove possibili parchi che venivano realizzati assieme a un forte lavoro di densificazione dei bordi. Spero che per gli ex Scali merci, per l’ex area del Trotto, a Sesto San Giovanni, ovunque si possa pensare a uno sviluppo importante dal punto di vista immobiliare, si operi tentando di lasciare al verde una grande ampiezza, conservando la multifunzionalità dell’edificio in altezza».

Post Covid, a questo punto non ci resta che riprogettare le città?

Il tema dell’edificio alto che combina elementi e funzioni diverse è stato ripreso anche dall’architetto Cino Zucchi.

«Il Tall Building non sempre è la soluzione, in alcuni casi occorre proseguire con il tessuto urbano – ha detto durante l’intervista a margine dell’evento – ad esempio, ad Helsinki, una città di media altezza, abbiamo concentrato edifici alti, introducendo però funzioni diverse: la metà più vicina al suolo è adibita a uffici e la restante è riservata al residenziale».

Per l’architetto Zucchi il tema della flessibilità tra case e uffici, oggi troppo specializzati, dovrebbe tornare centrale.

«I quartieri storici di tante capitali europee sono sopravvissuti per un’osmosi tra luoghi di lavoro e case – ha aggiunto – sarei per risperimentare edifici dove ad esempio le altezze tra piano e piano permettono agli spazi di essere reversibili, il funzionalismo ha specializzato troppo gli edifici, forse è il momento di arrivare a una maggiore apertura, anche perché oggi costruiamo, ma tra dieci anni tutto potrebbe essere diverso, proprio in previsione di futuri incerti. In Europa esistono già temi di riconversione da edifici-uffici che diventano residenze e viceversa».

Il grattacielo? Un mix tra terziario, facility e residenziale

Le città continueranno a “salire”, ma a quali condizioni?

Per l’architetto Marco Piva le città saliranno ancora in altezza.

«I grattacieli liberano gradi spazi a terra che possono essere utilizzati come contesti verdi – ha commentato – tuttavia non devono essere visti come monolitici, ma articolati, con vuoti e aree che si possono aprire e chiudere, permettendo un’osmosi tra interno ed esterno. Devono essere pensati come un insieme di funzioni: terziario, residenziale, servizi e facilities che aiutino a far vivere queste strutture in modo continuativo. A esempio, in Cina, a Chengdu, stiamo realizzando due torri di ultima generazione adibite ad appartamenti che contengono anche luoghi sociali e servizi».

Se da un lato è condivisa l’idea che i grattacieli continueranno a trasformare lo skyline delle nostre città, dall’altro occorrerà valutare nuovi requisiti di sicurezza in fase di progettazione, che tengano conto, ad esempio, della qualità dell’aria negli ambienti indoor.

«La progettazione degli impianti di ventilazione meccanica e la possibilità di ricambiare l’aria aprendo le finestre in edifici alti saranno aspetti sempre più importanti di cui tener conto in fase di progettazione» ha commentato l’ingegnere Giuseppe Amaro, fondatore di GAe Engineering.

Nuovi paradigmi: la progettazione integrale contestualizza i grattacieli all’environment urbano

Daniela Franzosi, partner di Mpartner, ha richiamato l’attenzione al vasto intervento di rigenerazione urbana della zona di Porta Nuova a Milano.

«Gli edifici alti sono il segnale di una nuova epoca, iniziata nel 2008 con il primo intervento di Porta Nuova che è stato affrontato in modo opposto rispetto ai precedenti, sia riguardo al rapporto tra architettura e ingegneria sia tra l’oggetto edificio e il contesto urbano, ed è qui che è importante il ruolo che possiamo ridare alla socialità e al bisogno dell’uomo».

Anche Monica Tricario, cofondatrice di Piuarch, ha sottolineato l’importanza di mettere al centro l’uomo, lavorando sui luoghi della condivisione.

«I luoghi di lavoro sono diventati più fluidi, non esiste più la netta separazione tra casa e lavoro ma si parla già di divisione tra online e offline nella vita delle persone – ha affermato – per questo occorre lavorare sui luoghi della condivisione, come ad esempio quello che si sta realizzando alle porte di Milano nell’ex area Expo, dove sorgerà lo Human Technopole. Il progetto di riconversione dell’area, parte dalla considerazione che tutto deve essere a misura d’uomo e permeabile: le aree libere sono state studiate nei particolari per evitare ostacoli tra gli spazi privati e pubblici, lo stesso principio che vuole l’area Mind permeabile nei confronti della grande area metropolitana di cui fa parte e che comprende anche le periferie di Milano».

Verso un abitare sempre più connesso: Chorus Life, l’innovativo Smart District a Bergamo

Ripensare l’habit urbano, significa anche rispondere alle nuove esigenze abitative delle persone. Il virus ci ha costretti a mesi di «clausura» che hanno portato a rivalutare l’importanza di un ambiente domestico confortevole in cui vivere, possibilmente dotato di spazi aperti come balconi o giardini. Non solo, le case, improvvisamente sono diventate “uffici”, “aule scolastiche”, “luoghi d’incontro virtuale” per distrarsi e la connessione con il mondo è diventata imprescindibile.

«Oltre all’esigenza di avere abitazioni più spaziose, oggi è sempre più sentito il bisogno di fruire da casa di funzioni immobiliari che possano essere integrate con piattaforme digitali», ha detto Jacopo Palermo, Ceo di Costim, holding industriale attiva nella filiera del Real Estate che integra competenze industriali e organizzative del partner Immobiliare Percassi.

Un bisogno che, nello specifico, a Bergamo si sta trasformando in realtà grazie all’innovativo intervento di riqualificazione “Chorus Life”: tra i più grandi interventi di riqualificazione urbana in Italia che mette al centro l’aggregazione trigenerazionale, l’integrazione e le tecnologie.

Un avveneristico villaggio digitale, con servizi dedicati alla salute, al benessere, allo sport, allo shopping, allo svago, alla cultura e allo spettacolo. Non solo, completano il progetto un hotel con 110 camere, un ristorante all’ultimo piano con vista sulla Città Alta e una residenza con 80 alloggi.

«Il Gruppo Costim sta sviluppando un vero e proprio Smart district che si basa sul concetto d’integrazione dei servizi su piattaforma digitale, un progetto che stiamo portando avanti in collaborazione con Microsoft – ha aggiunto Palermo – si tratta di un Indoor Positioning System per cui il sistema sa sempre dove si trova l’utente all’interno del building e, tramite app, offre le funzioni e i servizi immediatamente accessibili nell’edificio, dall’evento in programma, allo spazio weelness libero, fino alla prenotazione della scrivania o della sala riunioni se il contesto è lavorativo. Inoltre c’è tutto il tema dei servizi dedicati alla salute e dell’healthcare che sta andando verso tecnologie digitali, quindi con collegamenti a database nazionali o alle singole corporation medicali».